Recensione del film di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch
Era da un po’ che puntavo alla visione di questo film ma prima di vederlo mi ero ripromesso di leggere il libro, e questo più che altro per capire quanto si potesse avvicinare la mia immaginazione a quella del regista e dell’autore e non cadere poi nella classica disillusione di vedere qualcosa che alla fine non avevo immaginato. E invece…
Le otto Montagne è un racconto, vincitore nel 2017 del Premio Strega, scritto da Paolo Cognetti, milanese classe 78 e grande amante della montagna, che narra la storia di due adolescenti, Pietro e Bruno, legati da un’amicizia che porteranno avanti fino all’età adulta, in una storia con un finale che non lascerà indifferenti.
Pietro è un ragazzo di città che si trasferisce in montagna, a Graines, nel periodo estivo, mentre Bruno è un ragazzo di montagna che vive in un alpeggio con gli zii.
Il romanzo, nella sua prima parte di narrazione, parla della vita estiva di questi due ragazzi, affrontando temi come l’amicizia, la scoperta di sé e l’amore per la natura. Le montagne diventano poi un elemento centrale nella storia, rappresentando un luogo di ispirazione e rifugio per i due protagonisti.
Il periodo adolescenziale è poi seguito alla vita a cui approdano i due personaggi, seconda parte di questo lungometraggio, fatta da un lato di viaggi e scoperte e dall’altro di un isolamento dal mondo, in una vita che si prende cura di un confine ben definito.
La filosofia che si lega a questo racconto è poi quello delle otto montagne, antica leggenda nepalese, cui mi piacerebbe in futuro dare approfondimento.
Il film, molto fedele al libro (che bello! mi vien da dire), ha una fotografia impressionante. Bellissima. Per dirla breve, una vera e propria opera poetica.
Le immagini sono mozzafiato e piene di colori e le ambientazioni incorniciate in un contesto di sentieri e panorami che viene voglia di mettere in pausa il film, prendere il primo treno e andarci di persona.
Gran parte della pellicola è stata girata in Valle D’Aosta, e più precisamente in Val D’Ayas e i Laghi Frudières.
Per un attimo, poi, mi si sono sbloccati parecchi ricordi visto che il periodo storico dei due ragazzi è lo stesso che ho vissuto io, gli anni 80/90, e rispecchia molto anche gli anni della mia infanzia nella casa estiva di campagna.
La pellicola ha di recente vinto anche il David di Donatello come miglior film nell’ultima edizione 2023.
Si, ve lo consiglio anche senza prima leggerne il libro.
(Il trailer lo trovate qui sotto).
Emanuele_23mag2023


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